I mandorli sono in fiori nel sentiero che porta all’abitazione di Agamennone, qui ad Argo. Un servo mi fa cenno di parcheggiare la bici sotto il pergolato vicino al pozzo e mi accompagna verso il soggiorno dove Agamennone mi attende.
Buongiorno signor Re Agamennone.
Buongiorno signor Minissale, prego si accomodi.
Più di tremila anni e e lei è ancora qui nella sua reggia. Non le piace viaggiare?
A dire il vero no! Se c’è da fare una guerra, rubare oro e rapinare donne posso pure partire, altrimenti preferisco stare qui a casa. Qui ho tutto, terme, harem, ippodromo, campo da giavellotto, e adesso anche il ωφ. Questa reggia è un città, e gli ingegneri costruiscono cose nuove ancora prima che io lo abbia ordinato. Così mi sembra di vivere sempre in qualcosa di diverso. Preferisco “viaggiare” in pantofole e vestaglie spendendo molti più soldi di quanto ne spenderei se viaggiassi davvero. Ma la mia bellezza è che sono davvero ricco e che mi piace pensare in grande. Magari l’anno prossimo faccio costruire anche un bel grattacielo in modo da poter origliare meglio i discorsi di Zeus&Co.
Non le sembra di peccare di Hybris?
Peccare di Hybris? Un po’ più di moderazione potrebbe anche essere un bene ma per tremila anni la mia vita non è stata esattamente una vita di moderazione. Perché dovrei fermarmi proprio adesso?
Tirando troppo la corda potrebbe prima o poi spezzarsi, no?
E che si spezzi pure, non ho mai avuto voglia di fare politica chiacchierando e discutendo come dei fottuti sofisti. Preferisco prendere le armi ed agire.
Insomma non ha nessuna paura di perdere?
Chiaramente no! Tutta la mia vita gira intorno al vincere. Io non perdo spesso. Anzi non perdo quasi mai. Nella mia vita ho sempre avuto un impulso a lasciare tracce. E queste tracce sperano che possano durare più a lungo di me che le ho impresse. Ho sempre avuto la voglia di assaporare la transitorietà della vita con esperienze che mi avvicinassero il più possibile alla morte. Ed essere in bilico tra la vittoria e la sconfitta è una di queste esperienza. Lasciare tracce e vivere in limine, ecco i desideri di cui noi, o perlomeno io, ci alimentiamo.
La guerra di Troia è una di queste tracce?
Si…ma il lavoro non è stato terminato.
Quindi che cosa vorrebbe fare?
Ma non vede che i turchi e tutti quelli che ci sono alle loro spalle continuano ad invadere le nostre meravigliose terre? Vorrei costruire una grande muraglia – e nessuno ne costruisce meglio di me, credetemi – la costruirei a costo ridotto. Costruirei una grande, grandissima muraglia sul nostro confine orientale, magari su delle barche, in modo tale da poterla spostare quando e come voglio e bloccare questi bastardi di immigrati. Voglio che sia bellissima perché forse un giorno la chiameranno “La muraglia di Agamennone”. Senza scale abbastanza lunghe da poterla superare; e se mai riuscissero a salire in cima si troverebbero nei guai perché non c’è modo di scendere giù.
Un muro mobile nel mare, pensa che i pesci e l’ambiente ne siano contenti?
E basta con questo ambiente, chi se ne frega dei pesci e dell’ambiente! Qui a Micene si gela, abbiamo bisogno del riscaldamento globale!
Posso chiederle come tutte queste nefaste idee possano venirle alla mente?
Guardi, dal mio palazzo si domina la valle di Argo, da un lato mi accoglie il luccichio del mare placido, dall’altro la neve delle montagne vicine e dall’altro ancora le foglie argentee degli olivi. Ma la bellezza non può essere tale senza un contraltare che la faccia diventare tale. La tragedia, l’idea della guerra e le nefaste vicende degli atridi… ecco il contrattare della bellezza che la rende felice in questo momento.
A proposito di tragedia, Eschilo ci ha raccontato nel primo capitolo della Orestiade della sua morte, come mai ho il piacere di vederla ancora qui?
Una volta intervistato da un aedo dissi che fintanto che si ha con sé una giovane e splendida gnocca, non bisogna preoccuparsi di nulla. Eccetto della giovane e splendida gnocca. Ho amato sinceramente Clit e credo che anche lei lo abbia fatto, ma ero sicuro che prima o poi qualcuno l’avrebbe manipolata e che quell’amore si sarebbe trasformato in odio. A Troia avevo trascorso dieci anni in cui francamente me l’ero spassata, in cui avevo fatto combattere, avevo dato ordini, avevo visto la morte altrui, avevo scopato e violentato furiosamente le serve di cui avevo voglia. Ero sicuro che molta gente ce l’aveva con me, e che Clit, che aveva aspettato pudicamente per dieci anni, poteva essere una di queste. Quindi feci forgiare una maschera, quella che vede nella copertina del Time, e convinsi un mio amico a indossarla e a provare l’emozione del farsi accogliere come un re, come se fosse me. Mentre io mi godevo la scena ben nascosto nei cespugli, Egisto e Clit ci cascarano, uccisero il mio amico e si illusero di aver conquistato Argo. Poco dopo mio figlio mi avrebbe vendicato e la loro illusione sarebbe morta con loro. La facoltà d’illuderci che la realtà d’oggi sia la sola vera, se da un canto ci sostiene, dall’altro ci precipita in un vuoto senza fine, perché la realtà d’oggi è destinata a scoprire l’illusione domani.