Nel 2016 ci siamo tutti accorti di colpo che esiste un manipolo di disturbatori in giro per il mondo che non ha di meglio da fare che sedersi al pc e inventare bufale. È qualcosa che apparentemente li gratifica, un po’ come accadeva a quei tizi (stile Paolini) che disturbavano durante le dirette. Pochi attimi di celebrità e il piacere di aver increspato il rigido palinsesto di ogni giorno.

Ma oggi la cosa si fa endemica, le bufale sono troppe, vere e proprie mandrie in perenne transumanza lungo il web, che mugghiano e lasciano escrementi per la strada. Non sono pochi i tentativi che i governi fanno ogni giorno per ripulire il tutto, ma è un flusso continuo, inarrestabile, e l’impresa si presenta titanica.

Scherzi a parte. In realtà, la questione stessa delle fake news è la “vera” fake news. La bufala delle bufale. Il motivo è che il sistema massmediatico stesso è concepito per essere fake. Questo non significa che non si possano (potenzialmente) comunicare notizie vere, che descrivono realmente l’accaduto di un evento, ma significa che lo strumento attraverso cui le si diffonde è strutturalmente votato per essere falso e parziale. È una questione costituzionale.

Su questo tema ho trovato poche descrizioni puntuali come quella fornita da Christopher Lasch, una delle poche voci davvero critiche all’interno degli Stati Uniti. Il passaggio che vi riporto è tratto da La cultura del narcisismo e risale all’ormai lontano 1979: mentre in Italia eravamo impegnati col processo del 7 aprile (vera e propria cesura storica che ha sancito la fine per mano violenta della stagione delle autonomie) l’America faceva i conti con quelle malattie sociali che di lì a poco avrebbero dilagato in tutto l’Occidente. A rileggere questo testo oggi, a distanza di quasi 40 anni, risulta ancora tragicamente attuale:

 

Il ruolo dei mass media nella manipolazione dell’opinione pubblica è stato oggetto di grande e preoccupata attenzione, ma per lo più mal indirizzata. Molti giudizi critici partono dal presupposto che il problema sia quello di impedire la circolazione delle falsità palesi; mentre è evidente, come è stato messo in luce dalle più acute analisi della cultura di massa, che i mass media, diffondendosi, hanno reso non pertinenti, per una valutazione della propria influenza, le categorie di vero e falso. La verità ha lasciato il posto alla credibilità, i fatti alle affermazioni che suonano autorevoli senza convogliare alcuna informazione autorevole.

Proclamare che un dato prodotto è preferito dalle persone importanti senza dire a che cosa è preferito, vantare la superiorità di un prodotto su concorrenti non specificati, attribuire implicitamente una data caratteristica unicamente al prodotto reclamizzato quando di fatto essa è condivisa da quelli della concorrenza, sono altrettanti espedienti per offuscare la distinzione tra vero e falso in un polverone di plausibilità. Questo genere di associazioni sono “vere”, ma totalmente mistificanti.

L’addetto stampa del presidente Nixon, Ron Ziegler, fornì un significativo esempio dell’uso politico di queste tecniche quando ammise che le sue precedenti affermazioni sull’affare Watergate erano diventate “inoperative”. A molti questo sembrò un modo eufemistico di riconoscere di aver mentito. Ciò che in realtà Ziegler voleva dire, era che le sue primitive dichiarazioni non erano più attendibili. Non il loro essere false, ma la loro incapacità di convincere le rendeva “inoperative”. La loro veridicità o meno non era in discussione.