Ci sono momenti nella vita in cui la fine di un libro mette a nudo i tuoi limiti. Per varie ragioni. Innanzitutto perché potresti accusare la mancanza quando non sarà più sotto i tuoi occhi. In seguito perché, magari non c’hai capito una mazza, comincerai a leggere recensioni, ne troverai soprattutto di positive, e lì, ti renderai conto che effettivamente non c’avevi capito nulla o, peggio ancora, non capirai neppure le recensioni che, a quel punto, denuderanno ancor di più il tuo ego. Ma la fine di un libro è drammatica pure per un altro motivo: se la tua morte non sarà subitanea, avrai il tempo per renderti conto che migliaia di libri saranno passati fra le tue mani durante la tua esistenza terrena. Ma tirando le somme, solo un migliaio sarà stato effettivamente usurato dai tuoi occhi. Iniziare un libro vuol dire infastidirlo per circa un mesetto prima di riporlo, magari per sempre, accanto ai suoi simili. È un investimento di tempo che deve essere ponderato, ti impone uno stato di scelta costante e scegliere senza conoscere è di per sé abbastanza difficile, figuriamoci se in ballo c’è un mese della tua vita.

Insomma la fine di un libro è un atto destabilizzante. E sicuramente l’obbligo della futura scelta è la principale causa del cosiddetto blocco del lettore. Spesso mi capita di lasciar scegliere al caso. Ma in alcuni momenti le contingenze impongono profonde riflessioni. Ed arriverà il momento in cui ti troverai di fronte a lui e dovrai chiederti perché non lo hai mai scelto anche se da tempo era lì ad aspettarti.

In quel momento troverai forse il coraggio per dare ascolto ai suoi richiami. Lo agguanterai e capirai perché non lo avevi mai letto. Capirai che le copertine non sono un mero involucro. Capirai che pure l’abito fa il monaco. Capirai che il brutto esiste e fa paura. Lo lascerai cadere. Le tue lacrime bagneranno la sua copertina idrofoba. E lei resterà a guardare l’infinito. Udirà la tua fuga, ma non si dispererà. Rimarrà immobile, aspettando il tartaro che prima o poi avrà il coraggio di aprire il suo cuore. Io, chiedo venia, o mio caro Leone, non ci sono ancora riuscito e forse non ci riuscirò mai. Per colpa di un’innocua copertina.

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