È arrivato il momento. È arrivato il momento di rendere libero un mio piccolo segreto. Un infimo segreto, una fantasia d’infanzia. Una di quelle con cui hai convissuto per anni senza che tua madre se ne accorgesse. La stessa madre che aveva generato quella fantasia.
A casa mia spesso si mangiava tanta pasta. Non per scelta, non per gusto, neppure per necessità. A casa mia spesso si mangiava tanta pasta perché la pasta cresceva. Questo mi diceva mia madre quando i piatti erano colmi di pasta. Sì, parlo della pasta asciutta. La pasta asciutta, in casa mia, veniva gettata nell’acqua bollente a pugni piuttosto che a grammi. Ma i pugni, si sa, non sono molto affidabili. Possono esser piuma, possono esser ferro. E probabilmente, per questo motivo la pasta spesso decideva di crescere. Non so, magari quando la si trattava bene, cresceva, e a dismisura. E ci toccava mangiare doppia razione di pasta con mezza razione di condimento (l’altra metà si era confusa e si era fatta bruciare da una fiamma infingarda). La crescita però non era un miracolo, come chessòio, la moltiplicazione dei pani. Era piuttosto un evento ricorrente che aveva perso la sua aura magica. Un po’ come il sangue di San Gennaro. Di tanto in tanto lei cresceva e mia madre, altro non poteva fare che annunciarci seccamente: “Oggi è cresciuta”. Niente stupore, solo una constatazione.
E io sulla quella crescita mi ero spesso interrogato, avevo fantasticato, aveva creato un mondo di cui ero il solo abitante umano. Se la pasta cresceva, mi dicevo, doveva essere viva. Feci delle ricerche e capì che quello che giornalmente finiva nel mio stomaco altro non era che del grano duro, ed il grano cresceva. Trassi così le mie conclusioni. La pasta cresceva perché il grano cresceva. Ma mi chiedevo: se il grano cresce evidentemente è formato da piccoli animaletti, dei piccoli grani che hanno voglia di crescere. E se la pasta cresceva vuol dire che questi piccoli grani erano presenti pure nella pasta e anche loro volevano crescere. Ma quindi, se a volte la pasta non cresceva, evidentemente i granetti erano morti. Avevo letto sulla confezione della pasta: “trafilate al bronzo”. Non sapevo chi fosse bronzo, e avevo immaginato che fosse un essere che, per l’appunto, amava trafilare, che immaginavo fosse un sinonimo di combattere. Vedevo battaglie epiche tra bronzo e granetti combattute su calvi picchi. Quando bronzo aveva la meglio i granetti morivano, e la pasta non cresceva. Ma spesso erano i granetti a vincere e la pasta poteva crescere; immaginavo bronzo, con la sua spada lucente fendere granetti uno dopo l’altro, e loro attaccarlo e sopraffarlo come iene affamate. Mi dicevo che quelle lunghe linee che percorrevano i maccheroni erano ferite di battaglia. Il mio mondo pastafariano, giorno dopo giorno, diventava sempre più ricco di elementi e di dettagli, di mitici re granetti e di mostruosi antenati di bronzo, di battaglie gloriose e sconfitte sanguinose. Quello era il mio mondo, ed era quel mondo che mi permetteva di sopportare senza rancore le doppie paste.
Non avevo mai creduto a Babbo Natale, non avevo tanti amici immaginari, ma avevo pur bisogno di vivere in un mondo che rispettasse le mie leggi. Probabilmente mi starete dando dell’idiota. Ma io non posso che ringraziare mia madre, la stessa madre che, forse inconsapevolmente, aveva generato quella fantasia. A voi, che probabilmente mi state dando dell’idiota, posso solo dirvi che in quel mondo ci stavo davvero bene.
Grazie per questa meravigliosa storia! ❤