Giorno 1 – Guardo dalla finestra e vedo Puzzolone e Riky. Un gatto paffuto ed un riccio curioso. Sono alla ricerca di cibo, mi guardano, li guardo, mi guardano. Esco, fuggono, riempio le ciotole, tornano, mangiano, van via.
Giorno 2 – Guardo dalla finestra e vedo Puzzolone e Riky. Sempre lo stesso gatto paffuto e lo stesso riccio curioso. Sono in attesa, quasi annoiati, li guardo, mi guardano, li guardo. Esco, fuggono, riempio le ciotole, tornano, mangiano, van via.
Giorno 3 – Puzzolone e Riky mi guardano dalla finestra. Il gatto ed il riccio, li conoscete già. Sono in attesa, arrabbiati, li guardo, mi guardano, li guardo, mi guardano. Esco, fuggono, riempio le ciotole, tornano, mangiano, van via.
[…]
Giorno 21 – Puzzolone ha preso peso, difficile dire dove inizia il corpo e dove finisce la testa. Riky non c’è, è andato via, forse in letargo. No, anzi eccolo, è solo in ritardo. Puzzolone lo guarda, Riky mi guarda, io li guardo, Puzzolone mi guarda, Riky lo guarda, la tensione sale. Coup de théâtre: esco, fuggono, riempio le ciotole, tornano, mangiano, van via.
Giorno 22 – … Impercettibili variazioni sul tema, vibranti piccole variazioni scuotono l’aer ed il piatto tempo.
La fame e la paura creano quotidiani momenti di tensione. Il diverso non sarà mai la norma per Puzzolone e Riky, il diverso rimarrà diverso. Sarà sempre temuto, ma non per questo abbandonato. Sanno che il diverso non è sinonimo di cattivo, sanno che il diverso (ovvero io) è una risorsa ed attendono pazientemente, pazientemente ma fremendo. Puzzolone e Riky sanno e hanno fame. Sanno perché sono? No, sanno perché hanno, hanno un cervello. E vedendoli lì, aspettare tranquilli ma guardinghi, mi dico che la cosiddetta Cognitive Buffer Hypothesis (CBH) più che un’ipotesi, è un fatto. Una teoria, la CBH, che riassumendo dice che il cervello non è inutile (E grazie ar cazzo, mi direte voi). Secondo tale teoria un cervello più grande fornisce una maggiore flessibilità nel comportamento quando si affrontano i cambiamenti dell’ambiente e rende più facile l’apprendimento, aspetti che permettono alle specie di superare con successo le sfide ecologiche. In altre parole, la CBH propone che i (grandi) cervelli fanno parte di una strategia attraverso la quale gli animali si proteggono contro la mortalità estrinseca. Le specie con il cervello grande dovrebbero quindi essere meno soggette al rischio di estinzione. Purtroppo abbiamo la riprova che questo non è totalmente vero. Alcuni animali dal cervello grande come le scimmie e molte balene sono altamente a rischio. Altri fattori, oltre alla dimensione del cervello, determinano infatti il rischio di estinzione. Le specie longeve e con il cervello grosso tendono a vivere in piccoli gruppo e rispondono più lentamente ad eventi che riducono la popolazione drasticamente (ad esempio la presenza di un nuovo virus o di una nuova specie predatoria). Come sempre ogni cosa giusta rivela il suo contrario. Il cervello è parte di un complesso adattivo che può essere utile in alcuni contesti ma costoso in altri, il che implica che se hai un cervello grande non necessariamente vivrai più a lungo.
In effetti, il rapporto tra dimensioni del cervello e invecchiamento sembra un paradosso. I benefici cognitivi dei cervelli di grosse dimensioni dovrebbero proteggere dalla mortalità estrinseca e quindi permettere indirettamente d’invecchiare di più. Tuttavia, i benefici cognitivi sono direttamente proporzionali al costo energetico del tessuto neurale. Insomma, pensare stanca. Il costo energetico cervellotico potrebbe influire anche sul bilancio energetico di tutto il resto dell’organismo, causando per esempio meno “cura ed investimenti’ nel mantenimento somatico e quindi un invecchiamento più rapido. Per dimostrare tale tesi, alcuni biologi hanno studiato la Poecilia reticulata e la durata della loro vita per due gruppi di pesci, i testoni (large-brained) e i testini (small-brained). I risultati, mostrati nella figura in basso, sembrano mostrare una chiara correlazione tra le dimensioni del cervello e la durata della vita dei pesci. Riassumendo sembrerebbe che l’invecchiamento accelerato può essere aggiunto alla lista dei costi dell’aumento dell’encefalizzazione.

Ars longa, vita brevis, una magra consolazione per chi muore giovane, la colpa sta nelle dimensioni del cervello. Parafrasando E. F. Schumacher “Grande non è (sempre) bello”.
Giorno 42 – Puzzolone si affaccia alla finestra. Guarda se qualcuno è in casa. Il suo occhio è sempre guardingo, il suo orecchio teso alla ricerca dei rumori del pericolo. Ma adesso è pure rassegnato. Il freddo è arrivato ed ormai da una settimana è solo. Il suo Sancho Panza è andato. Non vuole più cibo. Mi guarda chiedendomi spiegazioni. Riky aveva voglia di dormire, gli dico, era stanco di pensare. RIP Riky, ci rivedremo spero fra qualche mese.
Da quanto letto (molto interessante) mi chiedo: serve che ogni singolo essere umano venga dotato del massimo ritrovato della scienza biologica, ovvero di un telencefalo? Il punto è: se ogni uomo viene incasellato dalla sua società in un contesto di vita facilitata, frictionless come amano dire gli inglesi (in realtà lo amo anch’io, mi sembra una parola molto significativa), a cosa ci occorre che il nostro cervello possa fare calcoli tanto sopraffini, che riesca a tirarci fuori da un labirinto, che ci permetta di progettare astronavi, etc? Molto più comodo, per tale specie di uomini di massa, avere un cervello “basic” che garantisca le funzioni essenziali (quelle corporali e sociali) così da risparmiare energia, prevenire l’invecchiamento e tutti quei cosiddetti effetti collaterali dell’intelletto, quali malinconia, ideologie, maldipancia. Credo che le istituzioni scolastiche si siano già adeguate in tal senso.
Beh in realtà credo che le istituzioni scolastiche siano sempre state adeguate a mantenere un livello basico di coscienza e conoscenza. Ci sarà un motivo se si ripete (a pappagallo) ancora l’opera omnia di Dante e Manzoni e non si conosce magari nemmeno di nome Calvino e Pasolini (tanto per fare dei nomi). Governare una massa ignorante e soddisfare consumatori inconsapevoli richiede lo sforzo minimo e garantisce il massimo profitto e a quanto pare ci regala pure qualche anno di vita in più. Arrovellarsi sui problemi e uscire fuori dagli schemi canonici invece fa invecchiare male e meno…A chi conviene?!? 🙂