Questo articolo nasce da una provocazione. Chi mi conosce, anche giusto un po’, sa che mi piace provocare; non per sadismo, ma perché penso che sia un ottimo modo per stimolare la discussione e allo stesso tempo alzare (a volte troppo) la tensione. Qualche tempo fa mi trovavo con una mia amica che ha fatto studi umanistici (una di quelle lauree difficili da definire, un quarto comunicazione, un quarto scienze politiche, un quarto lingue, un quarto filosofia) e, non ricordo esattamente perché, mi disse, lamentandosi, che purtroppo nelle scienze umane, a differenza delle scienze dure (o tecniche come le chiamano gli umanisti), la ricerca va a rilento perché non ci sono abbastanza borse per i dottorato. Le risposi che mi sembrava normale che nessuno volesse finanziare, in fin dei conti da circa 2500 anni pubblichiamo, nelle scienze molli, gli stessi contenuti cambiando giusto un po’ le parole. La frecciata sortì chiaramente l’effetto sperato e la discussione si accese immediatamente vertendo su quali fossero le differenze, a mio parere, tra le scienze dure e quelle molli. Ma non voglio, qui, parlare di questa discussione, anche perché la mia era una provocazione e credo che difficilmente i dualismi creino qualcosa di armonioso (un raro esempio? Non so, la rivalità Coppi-Bartali). Voglio piuttosto soffermarmi su una riflessione che feci tra me e me. È forse vero che i pensieri di Platone e Aristotele hanno ancora adesso un barlume di freschezza e attualità, e per quanto riguarda le scienze dure (in particolare matematica e fisica) che cosa si raccontava 2500 anni fa?
Recentemente sono capitato su una intervista impossibile* di Eco con Pitagora, il quale, parlando con insistenza dell’Antiterra, mi ha permesso di entrare nel fantastico mondo di Filolao. La leggenda vuole che Filolao, forse il più importante dei Pitagorei, nacque nella periferia di Crotone dalla bellissima Hestia, serva di Pitagora. Quest’ultimo, essendo un fanatico dell’armonia, decise di togliersi la vita alla vista delle orride fattezze del figlio appena venuto alla luce. La mancanza della figura paterna e la necessità di stabilità interiore spinsero Filolao a pensare un po’ più del normale e a creare un mondo perfetto, un mondo che lo facesse sentire adeguato, un mondo armonioso per se stesso e per chi lo circondava. Qui la leggenda finisce ed inizia la storia o almeno i pochi frammenti sparsi (di Galileo, Copernico, Diogene Laerzio e così via) che ci permettono di ricostruire il fantastico mondo di Filolao.
Nel mondo di Filolao non c’è spazio per l’imperfezione, ecco quindi che ci sono dieci corpi celesti, dieci perché questo è il numero perfetto per i pitagorei. L’armonia pitagorea non impone che la Terra sia al centro dell’universo, eccola quindi che orbita attorno ad Hestia, il fuoco centrale, insieme alla Luna, al Sole, agli altri pianeti allora conosciuti e alle stelle fisse (fisse rispetto agli erranti pianeti ma non rispetto ad Hestia). In verità la somma farebbe nove (le stelle fisse contano solo per uno, non so bene perché), e nove non ha le stesse proprietà miracolose che acquisirà solo durante il basso medioevo, quindi bisogna trovare un altro corpo celeste: l’Antiterra.
Non mi soffermerò qui sulle evidenti falle del mondo filolaiano (la Terra e il resto del sistema solare che non ruota attorno al Sole, la Luna che se ne frega della Terra, e così via), preferisco qui piuttosto compiere un atto coraggioso e pensare che Filolao pensava in grande, sapeva, perché aveva visto, quello che avremmo teorizzato ed osservato qualche millennio più tardi. Partiamo dal Sole; Filolao lo vede girare attorno al fuoco centrale. L’analogia con le galassie è presto stabilita. Sappiamo oggi (già da qualche annetto, a dire la verità) che le stelle, compreso il Sole, non sono immobili e fisse ma ruotano, insieme al loro eventuale sistema planetario, attorno ad un centro galattico (spesso un buco nero) formando, come nel caso delle galassie a spirali, i tipici bracci di spirale che siamo abituati a vedere nelle foto (qui di fianco un esempio). Ma le analogie non si fermano. Aezio riporta nel suo De placitis philosophorum:
Dice Filolao Pitagorico che il Sole è di natura vitrea; esso assorbe il riverbero del fuoco che è nel cosmo e ne trasmette a noi la luce e il calore
De placitis philosophorum, II, 20, 12 = DK, 44, A, 19
Senza entrare in boriosi tecnicismi, Filolao ci dice che il Sole, contrariamente a ciò che potremmo pensare, è praticamente un corpo nero, ovvero un oggetto ideale che piace molto ai (astro)fisici** che assorbe (Tutta) la radiazione elettromagnetica (la luce visibile, infrarossa, UV, le microonde, etc) e la riemette (la stessa Tutta assorbita). Ma nella stessa frase Filolao, salendo sulle spalle dei giganti, vede il riverbero del fuoco, vede il vuoto che freme, il nostro pensatore riempe il vuoto cosmico di energia, prevedendo in sostanza quello che fu scoperto da Penzias e Wilson nel 1964, ovvero la radiazione cosmica di fondo, la radiazione elettromagnetica che permea l’universo (e che sarebbe una delle prove del Big Bang). Filolao è un figura sensibile, chiama il Big Bang Hestia non per puro caso, per lui l’armonia ha come inizio Hestia, la sua leggendaria madre, ma anche la dea della case e del focolare.

Infine l’ultimo punto. L’Antiterra. Filolao la colloca nel posto diametralmente opposto alla Terra, praticamente è sempre nascosta da Hestia. Chiaramente alla luce delle osservazioni satellitari contemporanea possiamo affermare con una buona percentuale di confidenza che l’Antiterra non ruota attorno al Sole e non si trova nel punto lagrangiano L3 (come mostrato nella figura accanto). Ma per l’appunto potrebbe stare qui l’errore. Forse Filolao, con l’AntiTerra, voleva pacatamente fare riferimento alla teoria del multiverso, ovvero l’insieme di tutti i possibili universi paralleli al nostro?
In ogni caso, egli non fece mai ruotare l’Antiterra attorno al Sole, ma attorno ad Hestia, e, come quest’ultima, potrebbe essere un corpo che non riusciamo a sperimentare concretamente nel quotidiano, ma solo percepire, un po’ come la materia o l’energia oscura. Se oggi abbiamo così tanta fede nelle nostre teorie da pensare che solo il 4% della materia dell’universo è direttamente visibile dai nostri occhi e dai nostri strumenti, non mi sembra un reato aggiungere un corpo celeste per raggiungere l’armonia, concetto ribadito da Pitagora in questo breve estratto:
ECO La sua dottrina astronomica era rivoluzionaria, […]. Ma perché l’AntiTerra, un corpo che nessuno ha mai visto?
PITAGORA – Ma perché è l’unico modo per raggiungere il numero perfetto di dieci!
ECO – Vedi, in nome della teoria, della perfezione matematica, ti sei costruito un universo su misura che non corrisponde alla verità dei fatti.
PITAGORA […] La verità è una teoria matematica. […], l’AntiTerra deve esistere, ed è peggio per noi che non siamo in grado di vederla. Non sono stati scoperti nuovi pianeti ai suoi tempi? E come li hanno scoperti? Li hanno visti?
ECO – No, non all’inizio. All’inizio, […] abbiamo dovuto supporre che esistessero, e poi siamo andati a cercarli […]
[…]
PITAGORA – E che bisogno c’era di questo, se la fiducia nella regola eterna ti diceva già che dovevano esserci?
Le interviste impossibili
*Ho scoperto qualche mese fa che purtroppo la mia idea delle fantainterviste era già stata teorizzata circa 50 anni prima dalla seconda rete radiofonica RAI e messa in pratica in un programma chiamato Le interviste impossibili
**Come tutti gli oggetti ideali, superato forse solo dagli oscillatori!